Onorevoli Colleghi! - La presente proposta di legge ha la finalità di introdurre nel nostro Paese un nuovo istituto per sostenere il reddito dei disoccupati di lunga durata e di coloro che sono in cerca della prima occupazione da oltre un anno.
      Questo istituto, che si è chiamato «retribuzione sociale», si compone di un reddito erogato direttamente dallo Stato ai singoli soggetti che rientrano nelle condizioni previste dalla proposta di legge, pari a 516,50 euro al mese per dodici mensilità all'anno esenti da tasse, e di un «pacchetto» di servizi gratuiti offerti agli stessi soggetti dagli enti locali nell'ambito delle loro competenze (dalla formazione, ai trasporti, alla sanità, all'istruzione, all'accesso a manifestazioni culturali). Contemporaneamente, la presente proposta di legge si preoccupa di combattere il precariato e di difendere nell'immediato le condizioni delle lavoratrici e dei lavoratori che si trovano in tale situazione.
      L'obiettivo è quello di sottrarre i disoccupati e i precari dall'ansia dell'esistenza quotidiana e di porli, così, in grado di cercare un lavoro che risponda alle loro esigenze. Affinché questo accada è necessario che lo Stato e le amministrazioni locali offrano servizi gratuiti per le normali esigenze di vita e per la formazione, servizi che si aggiungono all'erogazione monetaria della retribuzione sociale. In sostanza, in tutto il periodo dell'erogazione della retribuzione sociale le amministrazioni pubbliche dovranno adoperarsi

 

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per favorire, in tutti gli aspetti, l'incontro fra la domanda e l'offerta di lavoro.
      Poiché l'obiettivo che ci si propone è quello di un drastico abbattimento della disoccupazione strutturale e di massa presente nel nostro Paese, si prevede che l'erogazione della retribuzione sociale abbia una durata definita nel tempo e che i datori di lavoro privati e pubblici ricevano consistenti incentivi al momento dell'assunzione dei fruitori della retribuzione sociale, ottenendo una congrua percentuale della medesima, pari a quella che sarebbe spettata a questi ultimi se il loro stato di disoccupazione fosse continuato fino al termine massimo previsto per la sua erogazione. Poiché lo stato di disoccupazione potrebbe ancora sussistere al sopraggiungere di tale termine, si prevede l'intervento dello Stato al fine di garantire almeno un'occasione di lavoro nella pubblica amministrazione, una sorta di «lavoro minimo garantito», cercando in questo modo di applicare un noto principio, quello dello «Stato occupatore in ultima istanza», che si è venuto affermando in quella parte della cultura economica che rifiuta il primato del mercato e dell'impresa e pone invece al centro la questione del lavoro e delle condizioni sociali, come ad esempio è stato nel pensiero e nell'opera di un grande economista italiano come Federico Caffè.
      In sostanza si propone un sistema di «benefit transfer», rafforzato da un intervento pubblico per garantire comunque un'esperienza lavorativa in cui, anziché fornire, come si è fin qui fatto con mediocri risultati, incentivi e sgravi all'impresa, si trasferiscono direttamente al disoccupato reddito e servizi, che possono essere trasferiti al datore di lavoro solo in caso di assunzione. Questa scelta è suggerita dalle condizioni e dalla composizione della disoccupazione nel nostro Paese e da un bilancio necessariamente critico delle politiche fin qui seguite per combatterla.
      La disoccupazione italiana resta nettamente superiore alla media europea, come rilevato dalle analisi della forza lavoro effettuate nel nostro Paese e negli altri Paesi membri dell'Unione europea. Ma ancora più preoccupante è l'analisi della composizione della disoccupazione italiana. In essa la percentuale della disoccupazione di lunga durata, cioè oltre i dodici mesi, sul complesso della disoccupazione, è superiore a quella degli altri Paesi. Inoltre l'Italia conserva il primato europeo dei soggetti senza lavoro al di sotto di venticinque anni di età, che superano il 30 per cento del totale, quasi il doppio della percentuale rilevata nell'Unione europea, ove tale media è inferiore al 20 per cento. Se poi si analizzano le tipologie contrattuali in cui è avvenuto il lieve decremento del tasso di disoccupazione prima ricordato, si vede che esso è quasi interamente dovuto alla diffusione delle forme di lavoro atipico (infatti, nello stesso periodo, si assiste a una diminuzione dell'occupazione nel settore industriale inteso in senso stretto). Tali forme, oltre che comportare condizioni di minori diritti e tutele per i lavoratori e peggiori qualità del lavoro concreto che viene svolto, sono peraltro estremamente soggette ai minimi influssi congiunturali dell'economia e quindi non possono in nessun modo, prescindendo per ora da un giudizio di valore sulla flessibilità, essere considerate come sintomi di una diminuzione reale della disoccupazione di massa. Per completare questo rapidissimo quadro va infine ricordato con estrema preoccupazione il calo delle persone in cerca di occupazione, poiché questo, in un Paese come il nostro che ha già un tasso di attività tra i più bassi, rivela scoraggiamento da parte dei giovani e delle donne che si offrono meno sul mercato del lavoro.
      A fronte di questo quadro preoccupante il sostegno dello Stato italiano alle condizioni dei disoccupati è tra i più bassi tra i Paesi industrializzati. Nel rapporto dell'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE), reso noto alla fine dell'anno 1999, si rivela impietosamente che l'Italia assiste poco e male i soggetti senza lavoro. La spesa italiana, in termini di sussidi e di benefit direttamente rivolti al disoccupato senza famiglia, è al penultimo posto in questa poco invidiabile
 

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classifica. Peggio di noi fa solo l'Irlanda. Se il disoccupato ha un coniuge e due figli viene ugualmente trattato malissimo, malgrado l'enfasi retorica posta sulla difesa della famiglia: peggio di noi fanno solo Polonia, Grecia e Corea.
      Eppure da noi non si spende poco. Se ci riferiamo ai trasferimenti alle imprese con espressa finalità occupazionale, vediamo che le previsioni di spesa ammontano a migliaia di milioni di euro, riportati in quote relative a sgravi contributivi nel Mezzogiorno, a copertura del mancato gettito contributivo degli apprendisti e dei contratti di formazione lavoro, e incentivi all'assunzione di disoccupazione di lunga durata, in cassa integrazione guadagni e mobilità, nonchè a decontribuzioni in agricoltura e altri settori.
      Se quindi si mettono a confronto questi dati ne emerge la necessità di una svolta decisa. Le politiche fin qui messe in campo non hanno aggredito la disoccupazione di massa, casomai hanno allargato la fascia del precariato a scapito dell'occupazione stabile, e ciononostante sono costate ai contribuenti cifre considerevolissime che, se fossero state impiegate diversamente, avrebbero prodotto ben altri risultati.
      Da qui nasce la presente proposta di legge, che si inserisce in una logica di intervento attivo dello Stato per raggiungere l'obiettivo del pieno impiego nella nostra società.
      Una retribuzione sociale data ai disoccupati e ai giovani in cerca di occupazione, un sistema di servizi gratuiti che li aiuti effettivamente nella ricerca del lavoro e renda la loro condizione di vita dignitosa rispondono perfettamente alle finalità sociali contenute nella parte prima della Costituzione, e in particolare negli articoli 3 e 4, ove si stabilisce tra i compiti fondamentali della Repubblica la rimozione di ostacoli di ordine economico e sociale al pieno sviluppo della persona umana e si riconosce a tutti il diritto al lavoro, impegnando lo Stato a rendere effettivo questo diritto.
      Più nel dettaglio la proposta di legge è suddivisa in quattordici articoli.
      All'articolo 1 si definiscono le condizioni per fruire della retribuzione sociale: compimento della maggiore età o termine degli studi per gli studenti, iscrizione nelle liste di disoccupazione presso le sezioni circoscrizionali per l'impiego da almeno dodici mesi e residenza in Italia da almeno diciotto mesi.
      L'articolo 2, nel definire le modalità di corresponsione, attribuisce al Ministero del lavoro e della previdenza sociale il compito di erogare la retribuzione sociale, attraverso le sue articolazioni territoriali, e di istituire - con regolamento del Ministro da adottare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge - un comitato ad hoc per la rilevazione dello stato di disoccupazione, l'erogazione della retribuzione sociale e il coordinamento delle commissioni territoriali.
      Poiché l'introduzione di una retribuzione sociale è comunque tesa a facilitare l'inserimento stabile nel mondo del lavoro, la durata della corresponsione viene limitata con l'articolo 3 a un massimo di tre anni, elevabili a quattro per coloro che hanno superato i quarantacinque anni di età o che sono residenti in aree svantaggiate o in aree con tassi di disoccupazione superiori a quello nazionale. Lo stesso articolo dispone che non rientrano nel computo della durata della corresponsione contratti di lavoro di durata inferiore a quattro mesi e che tale corresponsione viene revocata in caso di ingiustificato rifiuto di un contratto di lavoro a tempo pieno e indeterminato o di rifiuto dell'assegnazione ai lavori di pubblica utilità.
      L'articolo 4 stabilisce in 516,50 euro mensili, per dodici mensilità, esenti da tasse, l'entità della retribuzione sociale da corrispondere. I periodi di godimento sono anche riconosciuti ai fini pensionistici (articolo 5).
      Il «pacchetto» di servizi gratuiti a completamento della retribuzione sociale viene definito all'articolo 6 e consiste nella gratuità dell'accesso ai trasporti urbani e metropolitani, al servizio sanitario, alla scuola pubblica (compresa la gratuità dei testi) e ad attività di formazione e di aggiornamento professionali, che le amministrazioni
 

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locali sono tenute a garantire nell'ambito delle loro competenze. Lo stesso articolo prevede anche la previsione di un canone sociale di affitto per alloggi di edilizia residenziale pubblica e un'integrazione per il pagamento dell'affitto a proprietari privati.
      L'articolo 7 prevede sanzioni amministrative a carico del datore di lavoro che omette l'attestazione di assunzione del lavoratore in regime di retribuzione sociale o che gli corrisponde una retribuzione reale differente da quella dichiarata.
      Fermo restando l'obiettivo di una collocazione stabile e duratura nel mercato del lavoro, l'articolo 8 prevede comunque la possibilità che i soggetti fruitori della retribuzione sociale possano essere impiegati in lavori di pubblica utilità presso amministrazioni pubbliche ed enti pubblici economici, in settori innovativi e purché non siano in sostituzione di ruoli già esistenti. In tale caso, le amministrazioni e gli enti sono tenuti a integrare la retribuzione e la contribuzione sociale per colmare la differenza rispetto alle condizioni previste dai contratti collettivi nazionali di lavoro nei settori di impiego.
      Allo scopo di incentivare l'assunzione stabile, l'articolo 9 stabilisce che al datore di lavoro pubblico o privato che assume un lavoratore in regime di retribuzione sociale prima della scadenza dei tre anni previsti è erogato un contributo pari al 50 per cento della retribuzione sociale (75 per cento se si tratta di lavoratori residenti in aree svantaggiate) per il periodo restante. Tale «incentivo» viene ridotto della metà se l'assunzione è a tempo parziale inferiore alle venti ore settimanali e di un terzo se superiore. Il contributo è invece elevato al 100 per cento della retribuzione sociale se l'assunzione a tempo indeterminato prevede un orario di trentacinque ore settimanali (o di trentadue ore se a ciclo continuo). Per scoraggiare assunzioni fittizie o temporanee volte alla mera acquisizione del contributo, l'articolo 9 stabilisce anche che esso deve essere interamente restituito in caso di licenziamento del lavoratore entro due anni, a meno che esso non sia giustificato da gravi inadempienze contrattuali, e il relativo periodo di lavoro non è computabile nella durata massima della retribuzione sociale.
      L'articolo 10 prevede che il lavoratore che decide di avviare un'esperienza imprenditoriale può ottenere in un'unica soluzione l'intero ammontare della retribuzione sociale, allo scopo di disporre di un incentivo iniziale.
      Nel caso in cui lo stato di disoccupazione permanga al termine della durata massima della retribuzione sociale, all'articolo 11 si prevede l'intervento dello Stato per offrire una possibilità di lavoro al lavoratore disoccupato mediante assunzione nel settore pubblico per un periodo non inferiore a due anni, preferibilmente in settori innovativi di pubblica utilità, quali la cura alla persona, l'ambiente, la gestione di fonti energetiche alternative, il recupero e la riqualificazione degli spazi urbani, dei centri storici, delle periferie e dei beni culturali.
      L'articolo 12 stabilisce che, a decorrere dal 1o gennaio dell'anno successivo a quello di entrata in vigore della legge, il trattamento ordinario di disoccupazione è pari al 70 per cento della retribuzione di riferimento e comunque non inferiore alla retribuzione sociale istituita dall'articolo 4 ed è prolungato fino a dodici mesi. Il medesimo articolo estende, per i periodi di non lavoro, il trattamento ordinario di disoccupazione anche ai prestatori d'opera con collaborazioni coordinate e continuative e ai lavoratori con contratto a tempo determinato di durata superiore a quattro mesi nell'anno solare.
      Con l'articolo 13 si prevede l'abrogazione di tutte le norme che prevedono sgravi e contributi a carico dello Stato nei confronti dei «datori di lavoro» nel loro complesso, ad eccezione di quelli relativi e conseguenti all'assunzione di lavoratori in mobilità o in cassa integrazione straordinaria da oltre due anni e alla trasformazione del rapporto di lavoro degli apprendisti in rapporto di lavoro a tempo indeterminato. Si prevede anche che lo Stato non compartecipi più, a livello finanziario, contributivo e fiscale,
 

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a meccanismi similari eventualmente previsti da leggi regionali.
      Le fonti attraverso le quali fare fronte ai costi e agli oneri derivanti dall'attuazione della legge sono indicate nell'articolo 14. La copertura deriva per la parte più consistente proprio da quanto previsto dall'articolo 13 che, tra minori spese e maggiori entrate, renderebbe immediatamente disponibili tra i 9.300 e i 10.300 milioni di euro annui e, per la parte restante, dall'istituzione di un fondo a ciò vincolato in cui far affluire lo 0,3 per cento dei capitali trasferiti all'estero (introducendo così primissimi e approssimativi elementi della cosiddetta «Tobin tax»).
 

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